“Carissimo Garretti, ti ringrazio degli auguri. Purtroppo ce n'è di bisogno. Noi siamo sempre in ballo e bisogna ballare. Le Galleria assorbiscono la maggior parte dei fondi internazionali. All'Archivio resta poco. Alla Sovrintendenza nulla e, se si seguita di questo passo, tutti gli spostamenti fatti di archivi pubblici e privati, vigilati, prima a Cortona e poi agli essiccatoi umbri, saranno pagati da me e da Ristori!”
Il pragmatismo del soprintendente Giulio Prunai, il suo spirito d’iniziativa oltre che la sua sottile ironia furono uno sprone importante, specialmente durante le prime fasi di recupero e salvaguardia del materiale danneggiato.
Se durante le prime giornate anch’egli, come la maggior parte dei fiorentini, fu costretto a non muoversi da casa, nei giorni seguenti, con i pochi mezzi a sua disposizione, poté iniziare una prima ricognizione sugli archivi danneggiati, muovendosi su una camionetta della polizia che aveva lo sportello legato con lo spago ed entrando personalmente nell’acqua e nel fango.
Ma chi era Giulio Prunai?
Giulio Prunai nasce nel 1906 a Siena nella casa di Camollia dove vive, con i genitori e con i nonni, fino al 1956, anno in cui si trasferisce a Firenze con tutta la famiglia.
A Siena cresce in un ambiente pieno di libri, oggetti d’arte e memorie, dove si respira amor di patria e spirito di servizio. Suo nonno Arnoldo Prunai (1846-1917), scultore e collaboratore di Tito Sarrocchi, aveva combattuto nella terza Guerra di Indipendenza con i cacciatori delle Alpi guidati da Garibaldi, ed era stato presidente della Società di Mutuo Soccorso fra gli Operai Senesi. Giulio ricordava quando, bambino, il nonno lo accompagnava alla scuola elementare mentre si recava all'Istituto di Belle Arti dove era ispettore e insegnava Modellazione Plastica. Forse è lui a trasmettere al nipote l’interesse per l'arte. Le prime brevi notizie nel
Bullettino Senese di storia patria, prima del suo ingresso negli archivi, riguardano proprio questa materia.
Il padre Giuseppe (1874-1942), impiegato al Monte dei Paschi di Siena, era capitano della Croce Rossa e aveva ricevuto la medaglia d'oro per l'opera svolta durante il terremoto di Messina.
La madre Maria Masi (1876-1945), volontaria della Croce Rossa, era stata insignita della medaglia d'argento per l'opera prestata presso l'Ospedale militare di Siena. Vice presidente dell'Associazione femminile di Mutuo Soccorso, donna di cultura a giudicare dai libri a lei appartenuti, conosceva bene l'inglese, tanto che dava lezioni di letteratura italiana alle signore inglesi che soggiornavano per lunghi periodi a Siena.
Prunai frequenta il Liceo Piccolomini e la facoltà di Giurisprudenza di Siena, dove si laurea.
Di carattere molto riservato e schivo, la moglie Lina Franci raccontava che il padre Giuseppe aveva appreso della laurea del figlio dal rettore dell'Università un giorno che, incontrandolo per strada, si era congratulato con lui.
Dal 1934 inizia a lavorare negli archivi di Stato, prima a Firenze e poi, dal 1936, a Siena. Richiamato alle armi nel 1942, viene destinato come tenente di vascello al comando marittimo di Tolone. Qui viene fatto prigioniero dai tedeschi l’8 settembre 1943 e successivamente detenuto come “internato militare” in vari lager, prima in Polonia e poi in Germania. Fa ritorno a Siena soltanto il 5 settembre 1945.
A testimonianza di questo periodo ci resta il suo diario, di cui una copia si conserva all’Archivio di Stato di Siena.
Alla fine del 1945 riprende servizio nell’archivio della sua città natale, dove lavora fino al 1954. Nel novembre di quello stesso anno viene nominato per concorso Soprintendente archivistico per la Toscana, incarico che terrà fino al pensionamento nel 1971. Nel frattempo, prosegue un’intensa attività scientifica, che durerà fino ai primi anni Novanta .
Come Soprintendente promuove il censimento e riordinamento di numerosi archivi comunali, ma soprattutto la sua azione risulta determinante nelle operazioni di salvataggio di una grande quantità di archivi privati e pubblici non statali dopo l’alluvione di Firenze del 1966.
Il carattere e la personalità dell’uomo traspaiono dalle parole della figlia Maria, che riferisce alcuni significativi episodi relativi proprio all’evento catastrofico del 1966, affrontato dal Soprintendente e dai suoi funzionari con grande impegno e capacità.
Così racconta la figlia:
L’alluvione ci fu preannunciata da una telefonata di un caro amico del babbo, un anziano, un po’ “svanito” che lo chiamò per riferirgli che c’era dell’acqua in Santa Croce, ma lì per lì non demmo importanza a questa notizia. Quando invece ci rendemmo conto della situazione il babbo si preoccupò subito delle condizioni in cui potevano trovarsi gli archivi, ma non era possibile arrivare agli Uffizi, cosa che invece gli riuscì il giorno seguente. E il babbo tentò di arrangiarsi come poteva. La polizia gli aveva messo a disposizione una macchina, tutta aperta e con uno sportello legato con uno spago
La figlia racconta inoltre del grande amore del padre per il suo lavoro, gli archivi, la storia e la ricerca, a cui si dedicava anche nei giorni di festa. Ironico, defilato e schivo aveva un forte spirito di servizio ed era convinto che le idee dovessero essere portate avanti, indipendentemente dalle persone che le avevano avute, se queste erano utili per la collettività.
La sua lunga e operosa vita terminava a Firenze il 12 settembre 2002. Tra i suoi numerosi scritti ricordiamo: (con G. Cecchini) "Chartularium Studii Senensis", Siena 1942; (con G. Cecchini) "Breve degli speziali (1356-1542)", Siena 1942; (con S. De Colli) "La Conversazione dei signori Uniti, le sue sedi e il suo archivio", Siena 1957; "Statuti dei comuni di Monastero S. Eugenio (1352), Monteriggioni (1380) e Sovicille (1383)", Firenze 1961; "Gli archivi storici dei comuni della Toscana", Roma 1963; "Firenze, Milano 1967" [Annali FISA, Acta Italica. Piani particolari di pubblicazione]); (con G. Pampaloni e N. Bemporad) "Il Palazzo Tolomei a Siena", Firenze 1971; numerosissime recensioni e notizie bibliografiche per il Bullettino Senese di Storia Patria e per l'Archivio Storico Italiano.
Nel modo concreto, fattivo e disinteressato, con cui Prunai affronta l’alluvione del 1966 possiamo leggere non solo i tratti del suo carattere ma anche, con ogni probabilità, gli effetti della sua esperienza di internamento nei lager dopo l’8 settembre, che, anche nei documenti, lo portano ad usare un linguaggio che sa di emergenza bellica (l’uso del termine “sfollamento” degli archivi, per esempio, per indicare il trasferimento in altro luogo più sicuro).
Dalle sue carte rimaste nell’archivio della Soprintendenza emerge anche il tratto giocoso e ironico del suo carattere. Così, proprio nei giorni dell’alluvione, in pochi versi Prunai tratteggia il disincanto di chi sa che non sempre all’impegno seguono ricompense e onori:
“Dopo verranno i falsi spalatori
e i falsi impugnatori della vanga
sicchè ciascun senza mestar la fanga
avrà diplomi e succierà gli onori.”